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Il giardino delle arance Portogallo

In Sicilia quando si parlava di giardino, lu jardinu, si intendeva il luogo nel quale diverse tipologie di piante contribuivano a sostenere l’economia familiare. Era quindi il luogo del lavoro, dove si trascorrevano intere giornate a zappare, concimare, potare, innestare, raccogliere. Niente a che vedere dunque con “il giardino” all’italiana, dove le varie specie botaniche venivano collocate con criteri scenografici per creare complesse geometrie e spazi dall’impeccabile gusto artistocratico.

Tommaso e Antonino La Mantia, custodiscono ancora uno di questi jardini. Prima di loro, il padre e prima ancora il nonno. Non a caso usiamo il verbo custodire. Perché dai monti che circoscrivono la città di Palermo e fino al mare si estendeva un immenso giardino coltivato prevalentemente ad agrumi, la celebre Conca d’oro della quale si parla spesso, ma forse non troppo, con malcelata nostalgia.
Bene, anzi male. Perché oggi non esiste più. La speculazione edilizia ha gettato un inesorabile manto grigio che nel giro di qualche decennio ha inghiottito questo enorme patrimonio agroforestale.
Ecco perché quando arriviamo all’appuntamento con i fratelli La Mantia e attraversiamo il parcheggio di un grande centro commerciale (peraltro significativamente deserto in questi giorni di restrizioni), rimaniamo a dir poco sorpresi nel vedere che oltre un cancello prospiciente una stradina secondaria si apre davanti a noi un lembo de lu jardinu, uno dei pochi e ultimi residui della gloriosa Conca d’oro.
Un ettaro e mezzo e un migliaio di piante tra limoni, manderini, arance, nespoli, noci e vecchi bagolari. Tra gli agrumi diverse varietà, alcune così storiche da non essere tenute più in considerazione dal mercato ortofrutticolo ordinario perché soppiantate da altre più “performanti” al mercato e al consumo.

È così che (ri)troviamo l’arancia Portogallo, la più antica varietà a uso alimentare della quale si hanno notizie a partire dal 1726.
È noto che in Sicilia l’arancia giunge con gli arabi. Ma a quanto pare per secoli rimane come pianta ornamentale, o poco consumata, perché amara. Si dovrà attendere qualche secolo per destinarla a uso alimentare ma di diversa varietà, cioè dolce, e qui il merito va ai portoghesi. Questi, commercializzando prodotti dall’oriente, introdussero in Europa gli agrumi, piante tipiche della giungla. Così come il nome “arancio” evoca atmosfere esotiche: deriva da nāranğ, termine che alludeva alla predilezione che gli elefanti avevano di questo succoso frutto.
Così nella letteratura scientifica europea dei secoli scorsi, l’appellativo “portogallo” accompagnava sempre il nome di arancia; e solo dall’epoca fascista in poi, in Italia, si preferì usare il nome tutto italiano “Biondo comune”, dentro il quale furono inglobate diverse varietà.

Tuttavia non si perde solo il nome: l’interesse verso la varietà Portogallo si abbassa progressivamente fino a essere denigrata come “varietà di scarso pregio, che viene sistematicamente sostituita…” malgrado si ammette che “le piante sono vigorose, molto produttive e rustiche con frutti succosi ma con numerosi semi” (Trattato di agrimicoltura, curato da Spina e Di Martino, 1985).
Ma Tommaso e Antonino La Mantia non si sono persi d’animo. Sono circa duecento le piante della Portogallo presenti nel loro giardino. Avrebbero potuto tagliarle per far posto a varietà che il mercato oggi riconosce come valide. Ma a loro le arance Portogallo non solo sembrano validissime, ma sono consapevoli, e anche orgogliosi, di ospitare un pezzetto di storia agrumicola che non intendono sacrificare alle logiche – spesso illogiche – del mercato.

Dunque, riepilogando (e semplificando): c’è un giardino sopravvissuto alla cementificazione edilizia, al suo interno c’è la più antica varietà di arancia che non è apprezzata perché ha i semi e ci sono due agricoltori tenaci – anche se Tommaso (che insegna al dipartimento di Scienze agrarie e forestali dell’università di Palermo) dice di essere l’aiutante di Antonino – che resistono al mercato standardizzato. Serve dire altro?
Sì. Aggiungiamo che abbiamo iniziato a raccoglierle e venerdì partirà la prima spedizione verso le nostre botteghe.

Le foto sono di Giuseppe Monte e Valeria Monti

Questo articolo ha 5 commenti

  1. Anche questa è memoria.
    Anzi, il cibo fa parte, anche geneticamente, della nostra memoria collettiva.
    Ci sono cibi cui siamo abituati da secoli o millenni, che il nostro corpo riconosce e desidera ancor prima della nostra mente.
    Le arance Portogallo sono uno di quei cibi.
    Quasi scomparse per seguire (il)logiche di mercato, scartate perché con troppi semi (simbolo della vita), possiamo e dobbiamo recuperare la memoria di un frutto, che ha pieno diritto, e forse è il solo tra simili ed emuli, di portare il suo nome: arancia.

  2. L’arancia Portogallo è poco apprezzata solo perché poco conosciuta, é dolce e succosa, ottima anche da spremuta. Queste poi sono speciali perché coltivate non solo con perizia, ma anche con rispetto per la loro storia botanica e familiare

    1. Ciao Gerardo, facciamo distribuzione il più possibile diretta. Per cui se sei interessato alle arance Portogallo contatta il referente per la vendita del fresco e concordate il da farsi. Ovviamente per la prossima stagione…

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